LUIS SEPÚLVEDA, UN RICORDO, UN OMAGGIO

Luis Sepulveda

LUIS SEPÚLVEDA, UN RICORDO, UN OMAGGIO

di SILVIA DI TOSTI

Ci sono notizie così tristi da non riuscire a commentarle a caldo, c’è bisogno di sedimentare, sentire che quel dolore si sta raffreddando, ma che non si allontana poi troppo. Credo anche che una notizia come questa meriti qualcosa di più che una foto con frase famosa, a volte ti sembra quasi un dovere esternare il tuo pensiero. O forse no, solo una necessità. Scrivere oggi significa onorare un altro grande, il collega Gabo (Gabriel Garcia Marquez), la schiera dei “Ritratti di gruppo con assenza” si allunga, e ci fa sentire sempre più soli.

È morto Luis Sepúlveda classe 1949, è morto di Covid-19 il 16 aprile 2020, entrerà nella storia anche per questo. È già stato detto da fior di biografie: l’uomo che ha attraversato la storia del Sud America del secolo scorso, l’uomo della “Primavera cilena”, l’uomo della guardia personale del Presidente Allende, l’uomo delle brigate internazionali di Simon Bolivar, l’uomo delle battaglie ecologiste che visse nella selva amazzonica a contatto con gli indios, l’uomo che salpò sulle navi di Greenpeace per fermare lo scempio dei balenieri. Insomma l’uomo, e poi il narratore che raccontò nei suoi romanzi questa vita avventurosa ricca di impegno politico e sociale, con una scrittura semplice, fluida, leggera che arrivi a tutti, che utilizzò la favola, lo stile narrativo e strumento educativo per eccellenza, per raccontare l’etica, il rispetto, la democrazia ai più piccoli, perché è da lì che si deve partire per cambiare il mondo.

Perché la necessità di scrivere tutto questo già detto, già scritto, e molto meglio di me, da tanti? Perché ho incrociato quest’uomo sulla mia strada.

Il caso, la fortuna, le opportunità offerte dai Festival, in questo caso la fiera dell’editoria indipendente “Liberi sulla carta”, a Farfa (RI), ha permesso quello che considero un privilegio. Poi è successo anche a Torino al Salone, ma non con la stessa intimità.

Due parole scambiate mentre trascrive una dedica sui libri portati da casa per l’occasione, la pioggia fuori, il pienone dentro, la fortuna di essere entrati e trovarsi così vicini. Ilide Carmignani accanto a lui, la sua traduttrice, che si schernisce per i complimenti, la depositaria delle sue parole, forse dei suoi segreti, anche questo un grande onore. Dopo tre giorni trascorsi in Sabina, con la compagna di una vita la poetessa Carmen Yanez, a parlare, a raccontare di sé, della sua storia, a bambini, a giornalisti, a adulti rapiti dalle sue parole, dalla modestia, dalla grandezza, dalla semplicità dell’approccio, ancora la disponibilità per una foto, una stretta di mano, un sorriso.

Poi un discorso meraviglioso che arriva diretto al cuore, come un sole che scalda, in quella fredda sera di settembre. Una conferma, una illuminazione, me lo sono immaginato che incitava i suoi compagni alla lotta, che resisteva alle torture pur di portare avanti le sue idee, per non tradirle e tradire. L’ho ascoltato parlare di amicizia, e trascinare il dolore per le perdite come “vuoti nelle ossa” (Cena con poeti morti). Poi me lo sono immaginato, come nonno, non so se abbia nipoti, ma l’ho visto interagire con i bambini, la grande tenerezza, e la speranza nel suo sguardo, quella che non ha mai perduto. Voglio credere neanche davanti a un maledetto virus, nei confronti del quale, sono certa, avrà dimostrato tutto il suo coraggio.

Una parte di quel discorso è stato registrato, quella registrazione, mi è stato permesso di utilizzarla per aprire la Cerimonia di Premiazione della prima edizione Librinfestival. Perfetta introduzione. Un’avventura appena cominciata, dal nulla, sostenuta solo dalla passione, e da quella partecipazione di quel “piccolo gruppo umano” che dimostra, come dice Sepúlveda, che si può scegliere da che parte stare, sempre, che fare ognuno nel proprio piccolo la propria parte può fare la differenza, che fare cultura e comunità è il segnale che qualcosa sta cambiando, che occuparsi di libri e comunicazione è un primo passo per interessarsi alla cosa più importante che è la convivenza umana.

Ora scadere nella retorica è un attimo, ma il mio ringraziamento è sincero e commosso. Da quell’ottobre 2016, ne sono passati altri 4, altre quattro edizioni, la quinta in corso. Ma appena entrati nel 2020, o poco più, qualcosa di orribile ci ha fermati, ha fermato per sempre il caro Luis Sepùlveda. Ci ha fermato qualcosa che non conosciamo, frutto, chissà, di quella negligenza e superficialità, e corsa al potere che sta distruggendo il nostro Pianeta. E gli strumenti per contrastare tutto questo sono ancora pochi, non solo quelli scientifici, penso a quelli personali, politici, psicologici e pratici che ognuno di noi può mettere in campo. Dicono che dovremo abituarci alle pandemie, sapremo farlo? Sapremo imparare dagli errori?

Il rischio è che tutto ciò ci immobilizzi a lungo, che prevalgano altre priorità, come è giusto che sia. Resistere sarà la nuova sfida, fare della cultura una reale necessità esistenziale, e non solo a parole. Altrimenti non sarà servito a nulla che Luis ci abbia insegnato a volare.

Hasta siempre compagno Lucho.

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